Con l’autorizzazione delle manifestazioni in presenza si è inaugurata una nuova stagione di dibattito pubblico. Workshop, convegni, seminari si stanno susseguendo senza soluzione di continuità per tratteggiare il futuro prossimo dell’Italia. Anche gli scenari del settore marittimo sono analizzati per definire le azioni da mettere in campo per affrontare la “nuova normalità” del mondo post-Covid. Transizione energetica, cambiamenti tecnologici, lotta al cambiamento climatico sono solo alcuni dei temi di interesse generali che si intersecano con l’evoluzione dello shipping.
Anche IMAT sta partecipando attivamente a questo scambio di idee portando il particolare punto di vista del mondo della formazione marittima. In un contesto in cui si sta registrando una accelerazione dei cicli di cambiamento l’esperienza e le competenze maturate dal settore risulteranno preziose per colmare l’ampio gap tra domanda e offerta che caratterizza il mercato del lavoro del nostro paese. A maggior ragione in un settore come quello della navigazione indirizzato verso una iper-specializzazione.
Del ruolo dei centri di formazione, armatori ed equipaggi ha parlato recentemente il Cap. Rosario Trapanese. Intervenendo alla manifestazione Blue Economy Summit ha sottolineato, in particolare, il cambio a livello di cultura marittimo necessario per poter garantire professionalità e prestazioni sempre più elevate. Dall’introduzione della propulsione a GNL allo sfruttamento delle aree polari, allo sviluppo dei parchi eolici si sta aprendo infatti un ventaglio di opportunità lavorative sia in Italia sia all’estero.
«L’addestramento cambierà in funzione delle caratteristiche operative delle navi,» ha spiegato Trapanese. «Nei prossimi anni, solo per fare un esempio, il DP – Dinamic Positioning diventerà sempre più rilevante, anche al di fuori delle tradizionali applicazioni nel settore offshore, in particolar modo per quelle unità passeggeri che solcheranno acque nelle quali non è possibile dare il fondo. Ne consegue la necessità di una maggiore attenzione nei programmi didattici per garantire una professionalità più alta ai tecnici italiani»
Riuscire a cogliere queste nuove occasioni dipenderà dalla capacità di tutti i soggetti in campo di allinearsi alle repentine trasformazioni in atto. In questo processo i centri di formazione si determineranno sempre più come poli di innovazione territoriale, in virtù degli investimenti affrontati per alzare il livello tecnologico delle dotazioni e la qualità didattica dell’offerta. Una strada, al diretto servizio della competitività delle nostre flotte, che IMAT ha imboccato sin dall’inizio della sua avventura.
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