L’attività portuale attraversa anch’essa l’epoca delle grandi trasformazioni. Cambiano i modelli operativi. Le infrastrutture fisiche (e immateriali) devono adeguarsi. Lo stesso assetto storico degli scali marittimi ne esce radicalmente trasformato.
In questo processo vorticoso il mondo della formazione può giocare un ruolo inedito. Garantire sicurezza e una gestione ottimale nelle operazioni di manovra, aspetto sempre più delicato e centrale nella gestione degli spazi portuali da parte di autorità, terminalisti e utenza interessata.
«In un contesto che vede la moltiplicazione degli attori e delle loro responsabilità il nostro settore ha sviluppato e può mettere a disposizione una serie di competenze e di risorse tecnologiche in grado di favorire l’integrazione necessaria della filiera su punti – sicurezza ed efficienza – su cui sempre più si giocherà il futuro dei nostri scali».
Il Capitano Modestino Manfredi, coordinatore per la formazione didattica di IMAT, presiede alle attività di esposizione, preparazione e programmazione dei nuovi corsi del Centro di Castel Volturno. Negli ultimi tempi è sempre più assorbito dalle attività di “port assessment”, il cui punto di partenza è la valutazione dei rischi nelle attività di manovra delle navi in porto, attraverso la simulazione delle stesse.
In cosa consiste questo tipo particolare di servizio?
Il cuore dell’attività consiste nell’analisi dei possibili punti critici e nella valutazione, di concerto con autorità competenti e gli altri attori coinvolti, sulla fattibilità di determinate manovre all’interno di un’area portuale, considerata l’esigenza sollecitata dallo sviluppo del gigantismo navale e dalle modifiche di nuove banchine. L’obiettivo è assicurare che le operazioni commerciali delle navi siano sicure, rapide, economiche e a protezione dell’ambiente marino, garantendo durante il loro svolgimento un rischio ragionevolmente accettabile. Genova, tra gli scali con cui abbiamo cominciato a collaborare, prevede, con apposita ordinanza 104/2021 un iter procedurale che consiste in diverse fasi, tra cui la simulazione per tutti i tipi di navi “fuori sagoma” ovvero le unità che non hanno mai scalato il porto, eccedente i limiti dimensionali ordinari.
Come si costruisce un risk assesment portuale?
Si parte dal coordinamento di tutta la filiera coinvolta in questo tipo di operazioni. Dall’AdsP, all’autorità marittima ai servizi tecnico nautici, soggetti in possesso dei dati rilevanti quali, vento, correnti, punti critici ed eventuali modifiche alla batimetria, alle strutture di ormeggio o ai pontili. Raccolte tutte queste informazioni si passa all’elaborazione dello scenario che sarà utilizzato nelle simulazioni.
Quanto è lungo tutto il processo?
Solitamente dai 30 ai 90 giorni lavorativi. L’intero processo è suddiviso in quattro parti: preparazione, esecuzione, registrazione e validazione. Considerate la molteplicità dei fattori nella fase di preparazione non è possibile definire un tempo standard, operazione più semplice per lo step successivo esecuzione. Quest’ultimo prevede un massimo di sei manovre giornaliere e alla fine di ognuna di esse viene svolto un debriefing con tutti gli stakeholder. Una volta accumulati tutti i dati il processo si conclude con le fasi di registrazione e validazione: viene elaborato un report, che riferisce nei minimi dettagli tutto quanto verificato e discusso nella fase esecutiva, e dopo la stesura della relazione finale sarà l’ente classificatore a validarne il contenuto.
È necessaria una dotazione tecnologica imponente…
L’obiettivo delle simulazioni è permettere a tutti gli attori coinvolti nella manovra di lavorare simultaneamente in un contesto più realistico possibile. Sotto questo aspetto il nostro “Complex Simulation System” (composto da 3 simulatori a 360° e 21 mini-bridge) realizzato da Wartsila/Transas offre un layout appositamente modulato per consentire la visione puntuale del molo e delle manovre senza punti ciechi. La possibilità di poter contare sulle migliori tecnologie allo stato dell’arte diventa essenziale per poter offrire al cluster portuale il miglior servizio possibile. Sotto questo aspetto IMAT può vantare collaborazioni con i principali gruppi di piloti e rimorchiatori, e compagnie marittime, sviluppate nell’ottica della condivisione delle esperienze.
È anche questo il futuro della formazione marittima?
Nei quindici anni di attività effettuata presso il Centro ho vissuto tutte le sfaccettature di questo settore. Al training, dopo la rivoluzione rappresentata da Manila 2010, viene richiesto soprattutto professionalità e qualità. Il realismo è un fattore centrale e non riguarda solo le simulazioni ma anche l’aggiornamento di tutti gli equipaggiamenti manuali. La STCW, di fatto, ha cambiato dalle fondamenta la natura delle attività della gente di mare: chiede un continuo sviluppo professionale. Sotto questo aspetto tutti i professionisti del mare (personale navigante, istruttore del mare/ responsabili delle compagnie ecc.) condividono un destino comune. Non si può vivere di rendita. Bisogna continuamente aggiornarsi, studiare e mettersi in gioco.
“FAILURE IS NOT AN OPTION”