Shipping e logistica portuale stanno mutando a ritmo esponenziale. Gli ambienti di lavoro, le condizioni operative diventano più complesse e impredicibili. Le nuove tecnologie avanzano dettando nuovi riferimenti. Al cuore di questa grande trasformazione il patrimonio di competenze del lavoratore. La capacità di rispondere alle sollecitazioni dei cambiamenti. E il ruolo giocato dal mondo della formazione come supporto alla competitività di un mercato del lavoro avviato sui binari della specializzazione più spinta e stimolo alla ricerca di strumenti più idonei ad anticiparne le tendenze.
L’ultima edizione di Port & Shpping Tech di Genova, principale manifestazione a livello nazionale dedicata alle questioni del mondo marittimo-portuale, ha dedicato a questi temi un’apposita sessione (“Human Factor Summit”) nel corso della quale si è discusso delle diverse per strategie messe in campo per affrontare le sfide in questo delicato settore.
Tra i partecipanti al dibattito anche il fondatore di IMAT, il Capitano Rosario Trapanese, che ha avuto modo di illustrare le scelte messe in atto in questi anni che hanno fatto del Training Centre di Castel Volturno il più importante punto di riferimento italiano e tra i maggiori a livello internazionale nella formazione dei marittimi.
«L’innovazione tecnologica che sta investendo le navi si ripercuote anche sui livelli di preparazione dei marittimi. Chi si occupa di addestramento deve investire per poter rispondere in tempi strettissimi all’entrata in servizio di navi sempre più sofisticate e complesse sotto l’aspetto operativo,» la premessa di Trapanese.
La risposta di IMAT rispetto a questa esigenza si basa su tre pilastri, più un pre-requisito – la conoscenza della lingua inglese, strumento essenziale per operare nell’ambito dello shipping – cui devono sottostare sia i formatori sia i marittimi.
Per garantire la competitività degli equipaggi il mondo della formazione non può prescindere da livelli di qualità dell’offerta sempre più alta. Per raggiungere quest’obiettivo serve investire in modo ingente sulle risorse umane, attingendo a personale specializzato giovane e motivato; sulle nuove tecnologie, in grado di replicare nel modo più realistico possibile le condizioni operative a bordo; in strutture, poiché attrezzature di questo tipo hanno bisogno di spazi e servizi adeguati.
Obiettivi che il centro di Castel Volturno sta perseguendo con un ambizioso piano di rinnovamento che, a partire da una internazionalizzazione sempre più spinta (i 50-70 corsi settimanali sono frequentati da marittimi provenienti da 154 paesi), configura una vera e propria rivoluzione nella somministrazione dell’offerta formativa.
Nello specifico, Trapanese ha sottolineato le caratteristiche dell’istruttore-tipo: «comandanti, direttori di macchina, primi ufficiali, tecnici e tutte le altre figure che completano la filiera operativa che, raggiunto il picco della carriera, tra i 40 e i 50 anni, fanno una scelta di vita precisa: Lavorare per un centro di addestramento e mettere a disposizione le loro competenze in un percorso lavorativo che a sua volta comporta un continuo aggiornamento».
Scelta che, a sua volta, determina un impegno continuo: «I nostri istruttori si sottopongono, spesso più volte all’anno, a corsi di formazione presso i maker, i partner tecnici, le compagnie con cui lavoriamo a stretto contatto. Si tratta di un investimento considerevole, sotto l’aspetto economico, ma la scelta di non rivolgersi a personale pensionato o con certificato di competenza in scadenza ci permette di proiettare l’impegno professionale del nostro team di istruttori su un arco temporale di 20-25 anni».
Per quanto riguarda l’innovazione tecnologica IMAT ha in programma novità che, come si accennava sopra, configurano un vero e proprio cambio di paradigma per il settore di attività della formazione. Si lavora alla messa a punto di nuovi bridge, basati su impianti veri. Con un sistema che integra tutti gli elementi reali presenti sulla nave, a cominciare dai motori, si va oltre il concetto di simulazione, permettendo ai corsisti di confrontarsi con una esperienza vicinissima alla realtà.
«Non acquisiremo più simulatori ma impianti veri e propri che saranno trasformati e adattati per la simulazione. Questo ci porterà alla realizzazione di due nuovi sistemi in scala reale (la larghezza totale sarà di 39 metri) con un ponte di comando di 27 metri di larghezza».
Dotarsi di strutture del genere, comporterà anche rivoluzionare gli spazi entro cui operare. E siamo al terzo elemento richiamato da Trapanese.
«Le nuove attrezzature avranno bisogno di circa 700 metri quadri con uno schermo di proiezione di altezza superiore ai 9 metri e di oltre 50 metri lineari, risultando così il più grande sistema di addestramento navale mai realizzato. E anche su questa esigenza stiamo lavorando alacremente per presentare importanti novità nella nostra offerta quanto prima».
In conclusione, «ci stiamo confrontando con processi di trasformazione che chiamano tutto il sistema a ripensarsi in modo radicale». «Si tratta di un percorso lungo, articolato e costoso. Ma per quanto concerne la nostra parte siamo consapevoli degli sforzi e dei sacrifici da mettere in campo per porci al servizio dell’armamento italiano».