(dal numero 3 Marzo 2020 Porto&Interporto )
“Il futuro della formazione marittima sarà sempre più tecnologico. L’attuale situazione di crisi, così come in altri settori, mette in luce la necessità di analizzare modelli di sviluppo alternativi. Può rappresentare l’occasione per accelerare processi ancora embrionali che, in ogni caso, comporteranno, volenti o nolenti, un cambio di atteggiamento culturale”. Fabrizio Monticelli, amministratore unico di IMAT – Italian Maritime Academy Technologies, guarda il settore dello shipping da una prospettiva particolare: le competenze da fornire agli equipaggi. Sotto questo aspetto esamina l’impatto della pandemia da Coronavirus nei suoi aspetti più immediati e in quelli di lungo termine. «Il blocco della attività di formazione, imposto dalle misure per il contenimento della pandemia, ha rischiato, in combinazione con tutta una serie di fattori emergenziali emersi nei primi giorni della crisi, di compromettere seriamente la gestione delle flotte. La scadenza per molti marittimi delle attestazioni IMO e dei certificati di competenza poteva di fatto bloccare l’avvicendamento degli equipaggi. Un problema di portata internazionale di cui l’organizzazione si è fatta carico con un’apposita circolare che autorizza gli Stati membri a prorogare per un periodo limitato le documentazioni. In questo frangente la filiera italiana dello shipping è riuscita a fornire una risposta di sistema, interagendo con le sue associazioni a livello internazionale. Un grande impegno che ha contribuito a ridurre l’impatto delle scadenze».
Tamponato il problema non si rischia un accumulo di richieste di rinnovo una volta ristabilita la situazione di normalità?
È un rischio concreto. Come IMAT eravamo già impegnati con una serie di investimenti supplementari ad affrontare un importante flusso di richieste di rinnovo legate alla scadenza, nel 2021, del primo quinquennio di certificazioni obbligatorie contemplate dagli emendamenti alla Convenzione di Manila. Proprio a questo riguardo molte compagnie stavano anticipando le procedure. A questo punto bisognerà recuperare il tempo perduto in seguito al blocco delle attività, oltre ad ammortizzare tutte le richieste post-proroga. Ciò comporterà un notevole sforzo organizzativo che abbiamo già avviato. Ovviamente la ricerca di soluzioni ottimali per tutto il settore non potrà passare che per una interlocuzione con le Autorità competenti.
Tra le conseguenze future anche il rischio di una recessione che si profila di proporzioni epocali.
Ipotizza interventi di sostegno anche per la formazione dei marittimi?
La crisi di liquidità che ci aspetta rende necessario mettere in campo misure di supporto per finanziare le certificazioni degli equipaggi. Le agevolazioni che pur abbiamo previsto autonomamente fin dall’inizio dell’anno non possono bastare in un quadro di difficoltà generalizzata. Penso piuttosto all’uso di strumenti specifici, magari attingendo dalle risorse del Fondo Sociale Europeo. È un’iniziativa su cui ci battiamo da tempo cercando di portare all’attenzione di Regioni, Ministeri e DG Employment l’esigenza di definire plafond finanziari in grado di sostenere le esigenze dei lavoratori.
Quale lo strumento più adatto?
Un voucher direttamente spendibile dal marittimo potrebbe essere la soluzione giusta e un finanziamento o co-finanziamento per le compagnie che investono in formazione, parametrando gli importi alla consistenza della forza lavoro. Ciò che ritengo veramente importante è però fare una analisi dei bisogni almeno fino ai prossimi 18 mesi per approntare il miglior ammortizzatore sociale possibile.
Lo smart working è emerso in questi giorni come una delle soluzioni per affrontare il blocco delle attività. È una soluzione prospettabile per il settore della formazione marittima?
Per i corsi prettamente teorici, quelli che riguardano la conoscenza di determinati temi teorici, l’e-learning rimane un’ottima soluzione. Non a caso abbiamo sviluppato, ottenendo per primi in Italia le relative autorizzazioni, una serie di moduli formativi a distanza per i corsi direttivi. Tuttavia il nostro settore prevede per natura e necessità una serie di attività – simulatori, campi antincendio, solo per fare un esempio – che non possono non essere effettuate direttamente sul campo. In futuro, semmai, questo schema, che ha alla sua base la certificazione di abilità pratiche, potrebbe essere supportato dalla tecnologia.
In che modo?
È stato già impostata una collaborazione con grandi player tecnologici per lo sfruttamento della realtà aumentata. Quella potrebbe essere la strada da seguire per sviluppare modelli alternativi di formazione marittima. Ma si tratta di un percorso complesso e lungo che prevede una fase di ricerca e studio, anche sotto l’aspetto dell’adeguamento normativo, da affrontare tutti insieme, strategicamente: centri di formazione, sviluppatori di tecnologie, compagnie di navigazione, autorità.
Cosa manca per sviluppare al meglio questo approccio?
Una forte consapevolezza culturale dei vantaggi della digitalizzazione. Nel nostro campo per agire in modo efficace c’è bisogno di due soggetti ben definiti: istruttori in grado di declinare le competenze didattiche secondo le modalità imposte dalle nuove tecnologie; discenti capaci di recepire in modo efficace la nuova offerta. Sotto questo aspetto le nuove generazioni hanno una dimestichezza tecnologica che potrebbe in tempi medi permettere un tipo di addestramento, almeno in quota parte “da remoto”, con grossi vantaggi anche a livello di tempo nel rilascio delle certificazioni. Ovvio che per l’emergere di un nuovo paradigma andranno affrontati anche una serie di problematiche. Ne indico solo due: l’impegno nello sviluppo e nell’acquisizione delle necessarie strumentazioni tecnologiche – dalle piattaforme e-learning ai simulatori con realtà aumentata – il periodo di transizione con cui accompagnare i soggetti non “nativi-digitali”. Questioni che riguardano il futuro e che vanno affrontate. A maggior ragione se, come si dice, ogni crisi porta nuove opportunità.
Giovanni Grande
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